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Valle d'Aosta: Napoleone e la dama
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Corriere Viaggi - 19 gennaio 2018

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In Valle d’Aosta il Carnevale incontra la storia. Nelle prossime settimane fino a martedì grasso, borghi e paesi montani festeggiano importanti ricordi del passato. Dal transito di Napoleone nel 1800 dal colle del Gran San Bernardo, ai festeggiamenti del Vescovo Martino in fondovalle. E poi i balli in onore della Dama bianca Caterina di Challant a Verrès quando nel 1450 diede il via a festeggiamenti popolari di piazza. E Courmayeur con le maschere del vecchio e della vecchia. Si parte il 30 e 31 gennaio nel centro di Aosta con la Fiera di Sant’Orso. Ha più di mille anni, 1018 per la precisione e non li dimostra. Già nel Medio Evo si svolgeva nel Borgo sorto sull’antico accampamento dell’Augusta Pretoria fondata dai romani nel 25 aC. Secondo leggenda tutto ebbe inizio in un gelido inverno quando Sant’Orso con i monaci della confraternita distribuirono ai poveri indumenti caldi e sabot, le tipiche calzature in legno valdostane.

Adesso i protagonisti in piazza sono gli oltre mille artigiani con originali sculture, i tatà cioè giocattoli in legno per i più piccoli e oggetti in ferro battuto. Sui banchi si trovano tessuti multicolore e pizzi di Cogne, i drap della Valgrisenche e le calde pantofole di Gressoney. Così l’artigianalità valdostana celebra le sue radici secolari. Ma la due giorni di musica, folklore è l’occasione per degustare i piatti tipici: zuppa alla Valpellinese, jambon alla brace, mocetta, lardo di Arnad e l’immancabile fontina delle Valli. La festa continua tra canti e balli nella lunga “veillà”. La veglia con le vie del centro animate fino all’alba. La notte bianca trasforma come d’incanto il centro di Aosta e risveglia il ricordo antico delle fredde serate trascorse davanti al camino in compagnia delle persone più care. Ecco perché per il pubblico è d’obbligo bere vin brulè e brodo caldo per scaldarsi dal freddo che secondo la tradizione non manca.

«Per questa edizione infrasettimanale sono attesi 150-200 mila visitatori che potranno assistere ad attività teatrali nel Portico Forense e mostre nell’area megalitica - Spiega Jean-Pier Guichardaz, assessore nonché curatore della Fiera - novità anche per i più piccoli che nel pomeriggio avranno una veillà dedicata con intrattenimenti e giochi».
Tanti i Carnevali storici in valle. Il più famoso è legato al passaggio di Napoleone dal Colle del Gran San Bernardo durante la campagna d’Italia. Il momento immortalato dal capolavoro di Jacques Louis David ritrae Bonaparte in sella a un cavallo bianco mentre passa le Alpi. L’evento si festeggia in diversi comuni tra cui Doues (27-28 gennaio). A ricordare la tradizione i colorati costumi indossati dai partecipanti, una trasposizione allegorica delle uniformi dei soldati francesi. Il colore rosso dei tessuti simboleggia forza e vigore necessari per esorcizzare malefici e disgrazie. Mentre gli specchietti sul tessuto scacciano gli spiriti maligni. Per l’occasione i costumi, assai costosi, si affittano oppure vengono prestati tra parenti ed amici. Nelle strade di Doues sfilano anche le maschere dell’orso che rappresenta l’avvicendarsi della primavera e i muli simbolo della fatica dei montanari. Durante il corteo le maschere visitano le famiglie ed entrano nelle case per mangiare e bere quanto viene offerto.

A Pont Saint Martin il Carnevale storico rievoca la leggenda di San Martino (Vescovo di Tours) che di passaggio sulla via Francigena in pellegrinaggio trovò distrutta la passerella sul fiume Lys, ingrossato dalle piogge. Così fece un patto con il diavolo che sbarrava la strada. Il Maligno si impegnò a costruire un ponte nella notte, in cambio voleva l'anima del primo essere vivente passato il giorno dopo. La mattina San Martino per non sacrificare un uomo, liberò sul ponte un cagnolino che di corsa scappò via. E il diavolo rassegnato dalla furbizia lasciò in pace gli abitanti. Anche quest’anno l’evento viene rievocato con la sfilata che vede in testa il Santo Vescovo Martino, il suo nemico Satana seguiti dal Console Romano, tribuni e guardie. Chiude la parata la bella Ninfa del Lys accompagnata dalle due ancelle. Un momento spettacolare è offerto dalla corsa delle bighe. Ogni rione o “Insula” ne ha una, completa di auriga e atletici ragazzi e ragazze che provvedono al traino. La giornata termina sotto l’arcata dell’antico ponte romano con il rogo del Diavolo e fuochi d’artificio.

A Courmayeur il Carnevale ai piedi del Monte Bianco è un tripudio di colori, suoni e sapori della tradizione. Mescolati a un’anima ironica e irriverente. L’apice della festa si raggiunge il Martedì Grasso con l’arrivo da ogni frazione de «le vieux et la vieille». Sono le maschere del vecchio e la vecchia. Esorcizzano le paure dell'inverno, di vecchiaia e morte, in attesa del rinnovamento della vita con l’arrivo sui pendii delle montagne dei primi germogli di febbraio. Così gli abitanti vanno in giro per il paese e annunciano, con il suono dei campanacci, l’arrivo del carnevale. Per strada non mancano bancarelle con tazze di “seuppa” calda. La tipica zuppa che il Comité di Courmayeur prepara con cura, fin dalle prime ore del mattino. All’ora di pranzo in piazza Abbé Henry non mancano fontine, saucisses e pane nero. Da innaffiare con vino.

Andiamo a Verrès, a inizio valle. Ecco quanto racconta la storia. Siamo nell’inverno del 1450, la dama bianca Caterina di Challant e il consorte Pierre d’Introd, scortati da uomini armati scendono nel Borgo. Dopo aver pranzato dal reverendo Pietro de Chissé, prevosto della collegiata di Saint Gilles, si recarono nella piazza sottostante la chiesa. Qui al suono di flauti e tamburi tutti si misero a ballare e Caterina si unisce alle danze con la balda gioventù del paese. L’entusiasmo è alle stelle per l’evento eccezionale, così tra il popolo echeggia un solo grido: «Vive Introd et Madame de Challant».

Ancora oggi a oltre 500 anni è vivo il ricordo di quella giornata di festa in cui la nobiltà si unì alla gente comune e così come ogni anno il paese attende con entusiasmo la celebrazione del Carnevale. Il ricco programma prevede la sfilata in costume seguita dal suggestivo veglione nei saloni del castello che domina il paese. Al termine il battitore dà lettura del “manifesto d’intenti della cittadinanza”. Si recita un antico dialetto patois, rivisitato in antica lingua maccheronica. Tutte le info sulle manifestazioni su www.lovevda.it.

twitter @utorelli







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